Pink, purple and blue
Silvia Bigi, Ulrike Königshofer, Marina Rosso

a cura di Francesca Lazzarini

05. 10. 2019 - 30. 11. 2019

Color is the common thread connecting the research carried out by artists Silvia Bigi, Ulrike Königshofer and Marina Rosso showcased at the Pink, Purple and Blue exhibition. The subject itself, or a bridge to reflect upon issues connected to specific themes – from perception to memory to ethics – color is explored by the three artists through the lens and the aesthetic standards of the photographic medium.

The blue and purple hues in Florilegio (2019), by Marina Rosso, were artificially created through the genetic modification of three flower species: carnations, roses and chrysanthemums. These flowers, in such nuances, did not exist in nature until a number of biotechnology companies – urged by the high demand in floral rarities – were able to insert the gene of the color blue in the plants’ DNA. Highlighted by the artist though the aesthetic codes of still life and of ancient herbariums, the flowers raise questions on their own nature, inspiring mixed reactions from those who enthusiastically embrace the progress of genetic engineering and those who are opposed to this kind of experimentation for ethical reasons.

The works from the series On the Other Side of the Sky (2019) by Ulrike Königshofer are the result of the artist residency carried out by the artist last spring within the AiR Trieste program and realized with the support of Land Steiermark. The cliché of photographing sunsets is used here to underline the arbitrary visual perception of similar natural phenomena. The diptychs are, in fact, composed of images taken at the very same moment in two different places (Vienna and Trieste) with the camera oriented towards the same portion of the sky. Incorporated in the images, the place and time indications and the image coordinates are positioned in such a way to correspond to the localization of the two cities on a map. Such details prompt the viewer to reflect on the relativity of the image: the air doesn’t have a color per se, the tones we perceive, and that a photograph may record, only depend on the relationship between the sky, the sun and the viewer. As the artist says, “If you looked at it from above the atmosphere, the sky as we know it would simply disappear.” In the Sunset recordings (2016 - on going ) installation, color is the only information that remains in the representation of sunset, whose emotional and romantic power, in such a way, is weakened 

In The Color Theory (2019) Silvia Bigi places at the core of her research the role of color in the relationship between memory and photography. The starting point of her installation is the image that has portrayed the artist for the very first time in her life, from which she takes samples of the colors that are more meaningful to her in remembering the image. Some of these monochromatic samples are then printed through a chromogenic printing process based, however,on digital color codes and elevated to the status of family photographs through the choice of frame types generally used in private homes. The installation includes footage showing the artist busy scraping away color pigments from pictures selected from the family archives. The pigment powders are showcased in phials, stored to be preserved. The entire artwork seems to be guided by the intention to fix a process which is, actually, unpredictable, due both to the chromatic instability of the picture itself, and to the subjective perception of the colors’ memory on the part of each viewer.

Despite its colorful, lightweight title which hides, in fact, complex considerations and meaningful issues, the exhibition, deep down, seems like a warning to mistrust the superficial and captivating aspects of things.  

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I colori costituiscono il filo conduttore che collega le ricerche delle artiste Silvia Bigi, Ulrike Königshofer e Marina Rosso presentate nella mostra Pink, Purple and Blue. Oggetto stesso della ricerca o ponte per riflettere su questioni legate a tematiche specifiche - che vanno dalla percezione, alla memoria, fino all’etica -, il colore viene analizzato dalle tre artiste attraverso le lenti e i canoni estetici del medium fotografico. 

Il blu e il viola che connotano Florilegio (2019), il lavoro di Marina Rosso, sono creati in laboratorio attraverso la modificazione genetica di tre specie floreali: i garofani, le rose e i crisantemi. Questi fiori, in simili tonalità, non esistevano in natura fino a quando aziende specializzate in biotecnologie - spinte dall’elevata richiesta di rarità floreali - sono riuscite a inserire nel DNA delle piante il gene del colore blu. Posti in luce dall’artista attraverso i codici estetici della natura morta e degli antichi erbari, i fiori sollevano riflessioni sulla loro stessa natura, suscitando reazioni contrapposte tra quanti guardano con entusiasmo ai progressi dell’ingegneria genetica e coloro che si ritengono contrari a questo genere di sperimentazioni per ragioni etiche.

Le opere della serie On the Other Side of the Sky (2019) di Ulrike Königshofer sono esito della residenza che l’artista ha condotto la scorsa primavera nell’ambito del programma AiR Trieste e realizzato con il supporto della Regione Stiria (Land Steiermark). Il cliché della fotografia di tramonto è qui utilizzato per sottolineare l’arbitrarietà della percezione visiva di simili fenomeni naturali. I dittici sono infatti composti da immagini scattate nello stesso momento, da due luoghi diversi (Vienna e Trieste) e con la macchina fotografica orientata alla stessa porzione di cielo. Incorporate nelle immagini, le indicazioni di luogo, orario e coordinate dello scatto, sono posizionate in modo da corrispondere alla localizzazione delle due città viste su una mappa. Questi dettagli spingono a ragionare sulla relatività della visione: l’aria non ha un colore di per sé, le tonalità che noi percepiamo e che la fotografia può registrare dipendono solo dalla relazione tra il cielo, il sole e l’osservatore.  Come afferma l’artista, “Guardato al di sopra dell’atmosfera, il cielo, per come lo conosciamo, semplicemente scomparirebbe”. Nell’installazione Sunset recordings (2016 - ) il colore è l’unica informazione cui è ridotta la rappresentazione del tramonto, che risulta così depotenziato della sua carica emotiva e romantica.

In The Color Theory (2019) Silvia Bigi pone al centro della sua ricerca il ruolo dei colori nel rapporto tra memoria e fotografia. Punto di partenza dell’installazione è l’immagine in cui l’artista viene ritratta per la prima volta nella vita, della quale campiona le cromie per lei più significative nella memoria dell’immagine. Alcuni dei monocromi sono poi stampati attraverso un processo di stampa cromogenica che parte però da input di codice colore digitali, ed elevati a rango di fotografie di famiglia attraverso la scelta di cornici generalmente utilizzate in contesti privati. L’installazione include anche un video che mostra l’artista intenta a grattar via pigmenti di colore da fotografie selezionate dall’archivio familiare. Le polveri vengono presentate al pubblico in provette, deputate alla loro preservazione. L’intero lavoro appare guidato dall’intento di fissare in modo oggettivo un processo in realtà aleatorio, sia per l’instabilità cromatica della fotografia stessa, sia per la soggettività nella lettura e nel ricordo dei colori da parte di ogni singolo spettatore.

A dispetto del titolo colorato e lieve, che nasconde in realtà riflessioni complesse e tematiche significative, la mostra sembra in fondo un monito a diffidare dell’aspetto superficiale e  accattivante delle cose.  

 

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